Buongiorno, oggi volevo riassumere un interessantissimo intervento di circa un’ora e mezza, fatto da Gabriele Pinosa amministratore di Gospa Consulting, in una riunione a cui ho partecipato il 7 giugno ad Abano terme. L’intervento è stato molto articolato ed è andato a descrivere con precisione le attuali leve economiche e politiche che muovono l’economia mondiale ma soprattutto si è focalizzato sulle motivazioni che spingono l’attuale “guerra dei dazi”.
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Partiamo dal presupposto che per capire il presente dobbiamo ricordare e capire il passato e nella fattispecie 4 importanti date storiche.
Luglio 1944. La seconda guerra mondiale viene vinta da un solo paese: l’America. E questo perché tranne per Pearl Harbor rimane intonsa al contrario degli altri alleati che subiscono danni economici e ingentissime perdite umane. Nel luglio del 1944 gli americani oltre vincere la guerra decidono di vincere anche la pace, cosa per loro molto, molto più conveniente per avere l’egemonia del sistema economico e finanziario, e questo lo fanno tramite il trattato di Bretton Woods dove si stabiliscono due cose fondamentali; la prima il cambio fisso tra oro e dollaro a cui tutte le altre monete si devono adeguare e soprattutto, gli altri Stati per arrivare all’oro, devono passare dal dollaro pagando ovviamente un costo di transazione, questo ricordiamolo si chiama signoraggio mondiale della valuta. La seconda cosa stabilisce che non si può creare, come invece è successo ultimamente, una quantità illimitata di dollari perché questa è direttamente proporzionale alla quantità di oro detenuta presso I forzieri della Federal Reserve a Fort Knox.
La seconda data è il 15 agosto 1971. Negli anni 70 la guerra del Vietnam mette alla prova il bilancio dello Usa e i dollari in circolazione non bastano più quindi gli americani cominciano a stampare dollari più dell’oro che detengono disattendendo il trattato che loro stessi avevano creato. Ovviamente qualcheduno se ne accorge poiché a livello internazionale ci sono potenze che non hanno l’anello al naso e, se l’Inghilterra fa finta di niente, la Francia governata dal generale Charles de Gaulle, notoriamente anti-americano, effettua una velata minaccia agli americani “…voi vi siete fatti le regole, voi le avete disattese; facciamo una cosa, noi raccogliamo tutti i dollari, ve li restituiamo e voi ci date l’oro in concambio”. Per contro il Presidente Nixon, appunto, il 15 agosto del 1971, in un suo famoso discorso alla nazione decide di abbandonare il gold exchange standard a causa di fantomatici speculatori che minerebbero la stabilità dell’economia americana tramite attacchi al dollaro. Ovviamente non fa nessun riferimento ai francesi. Da quel momento partono i cosiddetti quantitativi easing. Ovvero si stampa moneta senza regola e a piacimento delle banche centrali per regolare le economie dei paesi e soprattutto incomincia la variabilità delle valute l’una con le altre.
Terza data 22 settembre 1985. Il Giappone nel frattempo diventa una potenza economica mondiale tramite le esportazioni e i valori sono talmente importanti che all’America incomincia a pesare la competitività del Giappone ma soprattutto il fatto Che la valuta giapponese non si svaluti per controbilanciare le esportazioni. A questo punto l’America il 22 settembre del 1985 convoca una riunione tra le prime cinque potenze mondiali: America, Francia, Inghilterra, Giappone e Germania. Lo fa per istituire un accordo tra le loro banche centrali affinché lo yen si rivaluti adeguatamente. Il Giappone deve, e sottolineo deve, accettare questo accordo poiché gli Stati uniti hanno un’influenza sullo stesso Giappone dal punto di vista militare economico e finanziario. Dopo quell’accordo lo yen, che è la valuta giapponese, tra l’85 e l’87 si rivaluta del 50% con conseguente crollo delle esportazioni. Prima di entrare in recessione il Giappone incomincia una politica monetaria ultra espansiva, come quella che abbiamo visto ai nostri giorni da parte di tutte le banche centrali, fino a creare due bolle finanziarie, quella immobiliare che porta i valori degli immobili di tutta Tokyo a essere uguali a quelli della intera California e l’indice principale azionario giapponese (il Nikkei) ad un valore di 40.000. Tenete conto che dopo trent’anni il valore attuale dell’indice giapponese è di 21.000, quasi la metà. In termini di valore reale una catastrofe.
La quarta data da tenere a mente è l’11 dicembre del 2001. La Cina entra a far parte del Wto. Ovvero dell’organizzazione del commercio mondiale. Lo scopo del WTO è favorire gli scambi tra i paesi appartenenti all’organizzazione senza tariffe o dazi doganali, rispettando una serie di regole dell’economia di mercato: rispettare i diritti intellettuali come il copyright, rispettare una classe sindacale, rispettare la separazione tra la proprietà pubblica e privata, vuol dire istituire un ente di controllo antitrust. Ovviamente la Cina non rispetta tutt’ora una di queste regole. Infatti nessuno ha ancora risposto alla domanda del perché abbiano fatto entrare la Cina nell’ organizzazione del commercio mondiale.
La Cina diventa la manifattura del mondo ed esporta in tutto il mondo. Con questo si ottengono due effetti, la distruzione dei distretti industriali perché avviene la famosa delocalizzazione delle produzioni con la relativa distruzione di occupazione, il secondo più pesante è che delocalizzando la produzione all’estero la politica industriale non è più autonoma, ovvero potrebbe dipendere da un futuro nemico.
Ma torniamo a parlare di Stati Uniti. Il sistema americano è molto pragmatico e lo é lo stesso Donald Trump. Il vero obiettivo del suo atteggiamento grottesco è tutt’altro rispetto a quello della guerra commerciale. Lui dice che ci sono paesi come il Messico, la Cina e la Germania che rubano i posti di lavoro e distruggono gli Stati Uniti, questo perchè sono paesi che esportano molto di più di quello che importano dall’America. Bene, queste sono dichiarazioni destituite di ogni fondamento in quanto è normale che la maggior parte degli Stati siano in avanzo commerciale; anche perché sarebbe impossibile che tutti esportassero più di quanto importassero. Almeno uno, appunto gli Stati Uniti, deve compensare gli altri essendo in disavanzo commerciale (quindi uno che importa più di quanto esporta), e questi sono proprio gli Stati Uniti che se lo possono permettere in quanto detengono il signoraggio mondiale della valuta. La sua valuta sarà sempre comprata per l’interscambio delle materie prime quindi non hanno solo il diritto ma anche il dovere di importare più di quanto esportano altrimenti gli altri paesi vengono ad essere danneggiati.
Quindi qual è il vero problema per gli Stati Uniti: il furto di proprietà intellettuale. Alla fine del 2018 quest’ultimo viene identificato nella cifra di 300 miliardi di dollari. Lo stesso direttore dell’FBI in un’intervista nel dicembre del 2018 dichiara che la Cina ha l’obiettivo sistematico di sostituirsi agli Stati Uniti come prima potenza mondiale e per farlo è disposta ad utilizzare metodi illegali non convenzionali soprattutto in termini di spionaggio economico. Per conquistare l’egemonia la Cina punta non più come si faceva una volta al settore finanziario ma a quello tecnologico.
Chi gestirà l’evoluzione delle reti di ultima generazione 5G gestirà l’evoluzione del mondo: guida senza conduttore, l’internet delle cose, l’interrelazione dei database economico-sociale-miliare. Il risultato sarà una accelerazione esponenziale dei processi. Chi detiene la proprietà delle reti 5G detiene il controllo del sistema mondo. Gli Stati Uniti sono arretrati in questa tecnologia rispetto alla Cina con Huawei, quindi gli USA devono fermare la Cina perché se gli altri Stati si fanno fare le reti dalla Cina la leadership mondiale in pochi anni passerà dagli Stati Uniti alla Cina. Quindi la guerra non è commerciale ma TECNOLOGICA.
Quando XI JIM PING è venuto in Italia per firmare il memorandum di intesa, l’ambasciatore americano ha chiesto un incontro col ministro Di Maio per sincerarsi che non ci fosse nel memorandum la costruzione della rete 5G; stessa cosa è successa in Germania dove l’ambasciatore americano ha spedito una lettera alla cancelleria dove dichiarava che se la rete 5G fosse stata fatta dalla Cina, gli Stati Uniti sarebbero stati costretti ad interrompere le informazioni di intelligence con la Germania che proseguivano dalla seconda guerra mondiale.
Le schermaglie sono appena iniziate. Huawei è arretrata dal punto di vista software, infatti gli americani vogliono bloccarle tutte le applicazioni in primis il sistema operativo Android che è di Google. Huawei ha già dichiarato che sta già lavorando a delle alternative.
Dall’altra parte la Cina è detentrice di uno dei siti di estrazione delle terre rare più più grossi al mondo. Le terre rare sono materie prime in quantità limitata per la produzione di tecnologia e apparati militari ed aerospaziali. Quindi ne è esportatrice e l’America ne è importatrice aspettiamoci un rialzo dei prezzi.
La Cina ha una buona parte dei titoli di stato americani e dopo l’arresto del direttore finanziario di Huawei, per ripicca, si è astenuta dalle nuove aste dei titoli di stato americani.
Quindi il messaggio che stanno dando la Cina e l’America è quello di una lunga guerra e non certo quello di un accordo commerciale dietro l’angolo. La guerra sarà lunga perché è per la supremazia del sistema mondiale ed entrambi i contendenti sanno che l’avversario è estremamente preparato e determinato.
Gli effetti collaterali dei dazi potranno essere gli aumenti dei prezzi prima alla produzione e in un secondo momento al consumo, ma è indubbio che ci stiamo avviando verso un periodo di sempre maggiore volatilità dei mercati finanziari che, per chi saprà adottare le strategie più corrette saprà prenderne la parte positiva trasformandola in opportunità.